- Silver-Fagan Alex
- AA.VV.
- Agostino Samuel
- Albini Ester
- Allegri Sara
- Altman Peggy
- Andrea Neyroz
- Antonucci Lauren A.
- Barbi Moreno
- Barbieri Davide
- Bargossi Alberto Mario
- Bazzani Boris
- Bean Anita
- Benson Roy
- Bertuccioli Alexander
- Bianco Antonino
- Bordoni Bruno
- Bradley John
- Brandon Leigh
- Brescia Teodoro
- Broussal-Derval Aurélien
- Bruscia Guido
- Burt Phil
- Cánovas Linares Ricardo
- Calle Flauto
- Caloro Rocco
- Camporese Alessandro
- Caserta Roberto
- Cassarino Salvatore Antonio
- Cereda Ferdinando
- Ceriani Marco
- Cianti Giovanni
- Clifford Ross
- Confalonieri Francesco
- Connolly Declan
- Corno Claudio
- Coulson Morc
- Cuni Federica
- Dameli Massimo
- Dan Austin
- Daniels Jack
- De Bartolomeo Donato
- Deborah Carone
- Di Monte Marco
- Diamantini Simone
- Dieguez Papì Julio
- Dragoni Graziella
- Ellsworth Abby
- Facchinetti Paolo
- Fagioli Fabrizio
- Faverzani Alfredo
- Federico Fignagnani
- Fiorin Daniele
- Fumarola Martino
- Furia Fabrizia
- Furlan Andrea
- Galloway Jeff
- Goater Julian
- Gollin Massimiliano
- Gollinucci Emanuele
- Gordon-Mallin Erica
- Graci Marco
- Guzman Daniel
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- Hahn Michael
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- Hopker James e Jobson Simon
- Horschig Aaron
- Iacopo Casadei
- Iannucci Alessandro
- Iogna Michele
- Iovieno Luca
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- Kalym Ashley
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- Keane Brian
- Kemmler Jürgen
- Koch Urs Manfred
- Kolbing Alexander
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- Young Megan
- Zanon Daniela
FIDUCIA IN SE STESSI NELLO SPORT
Una giusta impostazione mentale insegna all’atleta come affrontare le difficoltà, per diventare campioni anche davanti a ostacoli che ci sembrano insormontabili.
La fiducia in se stessi determina il senso di controllo di un atleta sulla situazione che sta affrontando e nessuno, esattamente come accadeva agli atleti pre-Bannister, affronta con tenacia e determinazione un compito nel quale ritiene di non potercela fare. La psicologia cognitiva utilizza la definizione di autoefficacia (self-efficacy) per indicare il rapporto tra la difficoltà del compito e la percezione delle qualità possedute che ci permetterebbero di assolverlo.
La percezione delle nostre doti però, è una valutazione soggettiva legata ai parametri di riferimento adottati quando formuliamo un giudizio. Molte volte, se non riusciamo a essere benevoli verso noi stessi, dovremmo provare almeno a sospendere il giudizio, considerando le nostre qualità non come un punto di arrivo ma come una semplice tappa del percorso di crescita. Stare in panchina non è la fine di una carriera, è un passaggio, e se la vostra risposta alla domanda «quanto valgo» non vi soddisfa, provate a porvene di più illuminanti: «Che atleta sarò domani?».
Chi manca di fiducia, inoltre, estende la portata di un insuccesso, lo considera pervasivo: non pago di pensare «ho fallito in quella gara», trasforma questo pensiero demotivante in «sono un pessimo atleta» o addirittura «sono un buono a nulla». Se una situazione è sfavorevole non significa che sia un disastro completo: anche se trovare posto in squadra dopo l’arrivo di un fuoriclasse sarà complicato, occorre evitare di amplificarne la portata.
Complicato non significa impossibile, né tantomeno che il calcio, per esempio, non fa per voi. Se avete sbagliato diversi gol non è perché non imparerete mai a tirare (permanente) e fate pena a livello tecnico (pervasivo). Magari è un periodo in cui tutto gira storto, avete bisogno di migliorare alcuni aspetti tecnici e di rafforzare i punti deboli. Il che sarà sicuramente di aiuto e contribuirà ad alimentare la fiducia, anche solo per il fatto che ci state lavorando.
Nello sport gioca un ruolo fondamentale la convinzione con la quale intraprendiamo un compito, affrontiamo una gara o ci alleniamo.
Nei momenti di difficoltà, può essere utile utilizzare un self-talk mentale positivo, ripetendovi frasi come «questo non sono io» o «si è trattato solo di un brutto scivolone, rimetterò le cose a posto». Sostituendo le affermazioni non-orientate come «non ce la faccio» con un più motivante «posso farcela».
Troppo spesso, quando siamo concentrati sul raggiungimento di un obiettivo, tendiamo a focalizzarci sui timori di poter fallire, sulle difficoltà, sul peso della fatica, mentre dovremmo cercare di concentrarci sui nostri punti di forza, stimolando un senso di realizzazione che contribuisce ad attivare il senso di speranza e tutta una serie di ulteriori risorse emotive.
Se siamo allenatori, invece, evitiamo di mettere troppa enfasi con frasi del tipo «sei il migliore, li farai a pezzi», perché in molti atleti crea più ansia che sicurezza, ponendoli nella posizione di sentirsi ancora più a disagio al pensiero di poterci deludere. Anche le lodi eccessive e immeritate più che rassicurare disorientano, perché ledono il senso di controllo dell’atleta («ho sbagliato e ricevo un complimento, perché?»); paradossalmente suonano come un attestato di disistima, poiché il genitore o l’allenatore mostrano di non credere che l’atleta possa fare di meglio.
Per alimentare la speranza dei nostri atleti quando si sentono scoraggiati, può essere di aiuto, semmai, trovare espedienti attraverso immagini e aneddoti in grado di accendere una luce che emoziona, che parla al cuore.
Per approfondire, acquistate L’atteggiamento mentale vincente.