- Silver-Fagan Alex
- AA.VV.
- Agostino Samuel
- Albini Ester
- Allegri Sara
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- Andrea Neyroz
- Antonucci Lauren A.
- Barbi Moreno
- Barbieri Davide
- Bargossi Alberto Mario
- Bazzani Boris
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- Bertuccioli Alexander
- Bianco Antonino
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- Broussal-Derval Aurélien
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- Cánovas Linares Ricardo
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- Cassarino Salvatore Antonio
- Cereda Ferdinando
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- Confalonieri Francesco
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- Cuni Federica
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- Di Monte Marco
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- Federico Fignagnani
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DETERMINAZIONE, FATICA E DOLORE DEI CAMPIONI
L’atteggiamento mentale vincente si propone come una guida per atleti, allenatori e genitori per formare sportivi che non si beano del proprio talento, ma che investono tutto sull’impegno e sul giusto atteggiamento mentale.
Per diventare campioni, può tornare utile fare riferimento alle esperienze di sportivi d’elite. Come questo libro vuole dimostrare, fare affidamento al solo talento non basta, se si punta all’eccellenza sportiva.
Fatica e dolore sono necessari per la formazione dell’atleta, che deve farsi carico di determinazione. Ad esempio, Usain Bolt sostiene che, per risultare davvero efficace, l’allenamento deve essere svolto con il massimo sforzo, spingendosi oltre i propri limiti.
Lo chiama il momento di non ritorno: quell’ondata travolgente, quell’istante di agonia pura in cui il corpo grida all’atleta di smettere, di riposarsi, perché il dolore è diventato intollerabile. Quel momento rappresenta il vero punto di svolta nella carriera di uno sportivo e crollare proprio prima di averlo raggiunto significherebbe che tutto il dolore sopportato fino ad allora sarebbe stato inutile, perché l’allenamento non rinforzerebbe sufficientemente i muscoli.
È la sottile linea rossa, la differenza tra chi si ferma alla prima mancanza di fiato e chi invece corre fino a non avere più respiro in gola, riuscendo a sopportare lo sforzo fino al totale sfinimento. In quell’arco di tempo il corpo si irrobustisce davvero, ed è lì che un atleta diventa più forte. Inoltre, per quanto sia importante il tempo che si passa ad allenarsi e a faticare sul campo, lo è altrettanto ingaggiare continue sfide con noi stessi per fare crescere il nostro potenziale atletico.
Resistere alla fatica quando si trasforma in dolore è sempre più difficile anche perché viviamo in una società dove fin da bambini veniamo persuasi che senza aria condizionata non si può sopportare il caldo, che fare due passi a piedi è un problema insormontabile, che un banale mal di testa diventa qualcosa da sopprimere subito farmacologicamente e che giocare a calcio alle due del pomeriggio sotto il sole è totalmente al di là dell’umana comprensione di ogni mamma. Il dolore sembra qualcosa di non negoziabile, da sopprimere e basta, quando invece con l’esercizio potremmo rafforzare la capacità fisiologica di familiarizzare con la sofferenza e alzare la soglia di quello che riteniamo sopportabile.
La nostra società ha trasformato il dolore in qualcosa di anomalo, inaspettato e imprevedibile, da estirpare a ogni costo. Coltivare questa irrealistica aspettativa ci indebolisce, mentre ci aiuta ad accettare la sofferenza vederla come parte del gioco, nella vita e nello sport.
Grandi campioni come Federica Pellegrini, spesso hanno maturato un ulteriore approccio mentale alla fatica, ovvero quello di non puntare a sopportare il dolore, ma farselo amico, abbracciarlo, godersi la battaglia. Ibrahimovic, in occasione del suo ritorno al Milan, in un’intervista ha affermato:
«I compagni lo sanno come sono, come mi alleno e come gioco le partite. Bisogna lavorare duro e forte, saper soffrire, chi non sa soffrire non può tirare fuori il massimo».
Un’altra costante riscontrata nelle biografie di grandi campioni, quale Zanetti, è la rappresentazione mentale positiva della fatica in allenamento:
«Ragazzi, niente sacrifici. Amo questa fatica, amo questo sport, amo questa vita. Ogni allenamento, al freddo e sotto la neve o sudando per il caldo torrido, mi ha dato gioia, mi ha fatto sorridere».
Lo psicologo Chambliss, specializzato nello studio di campioni di nuoto, ha osservato che ciò che gli atleti mediocri trovavano faticoso o noioso, dagli sportivi eccellenti veniva spesso definito rilassante, terapeutico e meditativo. Non percepivano gli sforzi per raggiungere l’obiettivo come un sacrificio. Come ha affermato l’ultramaratoneta Dean Karnazes:
«c’è una magia nella fatica».
La sofferenza, che per Dostoevskij è la sola origine della coscienza, nel tempo contribuisce a rafforzare la nostra corteccia prefrontale. Autodisciplina, volontà, capacità di autoregolare il pensiero mediante tecniche cognitive e allenamento alla fatica si acquisiscono con l’esercizio; e a sua volta l’allenamento farà crescere la sensazione di competenza, il rilascio di dopamina, in un efficacissimo circolo virtuoso.
Se volete imparare di più sul giusto approccio mentale per diventare o crescere dei campioni, acquistate L’atteggiamento mentale vincente.