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ALIMENTI FUNZIONALI, PROBIOTICI, PREBIOTICI E SIMBIONTI

ALIMENTI FUNZIONALI, PROBIOTICI, PREBIOTICI E SIMBIONTI

Il libro Manuale pratico di integrazione alimentare di Alexander Bertuccioli e Marco Neri, prima districare i nodi sugli integratori alimentari, ci dà delle indicazioni imprescindibili da sapere sugli alimenti. Vediamo insieme quali sono.

 

Alimenti funzionali

 

Un alimento funzionale può essere definito come un alimento che oltre al comune valore nutrizionale apporta anche un miglioramento nelle nor­mali funzioni fisiologiche o previene le alterazioni che possono condurre a una patologia. La definizione può essere quindi applicata sia ad alimen­ti modificati che ad alimenti che possiedono naturalmente componenti dall’attività benefica dimostrabile.

Vengono frequentemente indicati come funzionali gli alimenti che con­tengono molecole dagli effetti:

  • antiossidanti;
  • antitossici;
  • antinfiammatori;
  • ergogenici;
  • immunomodulatori.

Gli elementi attualmente più studiati nel contesto degli alimenti fun­zionali sono i fenoli, la fibra e i batteri probiotici.

Prima di potere classificare un alimento come funzionale è necessario che si verifichino le seguenti condizioni:

  • L’alimento deve avere un effetto scientificamente provato.
  • Deve esistere una solida evidenza sperimentale degli effetti correlati alle sostanze e all’applicazione proposta.
  • Devono essere rigorosamente verificate l’efficacia e la sicurezza.
  • Il consumo deve essere previsto come parte del normale regime ali­mentare, non sotto forme farmaceutiche (compresse, capsule, polveri, discoidi, tavolette ecc.).

 

Un discorso a parte deve essere affrontato per i cibi fortificati, dato che a livello internazionale non esiste ancora un accordo unanime. I cibi fortifi­cati prevedono l’aggiunta di principi nutrizionali come vitamine, sali mine­rali ecc.; alcuni autori ritengono, invece, che nella categoria degli alimenti funzionali debbano essere inclusi solo i cibi addizionati con elementi senza valore nutrizionale (nel senso stretto del termine) come fibra, polifenoli o batteri probiotici, perciò finché non verrà trovato un accordo unanime biso­gnerà continuare a distinguere tra alimenti fortificati e alimenti funzionali.

 

Probiotici

I batteri probiotici possono essere definiti come microrganismi viventi e vitali che somministrati in quantità adeguate comportano benefici per la salute dell’ospite. Per potere assolvere questo obiettivo, devono necessa­riamente soddisfare i seguenti requisiti:

  • Sopravvivere negli alimenti il più a lungo possibile in numero suffi­ciente alla colonizzazione dell’ospite.
  • Sopravvivere al pH acido dello stomaco in numero sufficiente alla co­lonizzazione dell’ospite.
  • Sopravvivere all’azione detergente dei sali biliari in numero sufficiente alla colonizzazione dell’ospite.
  • Sopravvivere all’azione degli enzimi digestivi in numero sufficiente alla colonizzazione dell’ospite.
  • Colonizzare il tratto gastroenterico soppiantando, o almeno contra­stando, specie patogene o comunque meno utili.
  • Non devono assolutamente presentare effetti nocivi.

La stragrande maggioranza dei prodotti commercializzati prevede l’utilizzo di diversi ceppi di lactobacilli e bifidobatteri, microrganismi attivi prevalente­mente a livello intestinale, anche se recentemente alcuni autori hanno proposto l’utilizzo della specie Streptococcus salivarius K12 (BLIS k12) particolarmente efficace a livello del cavo orale dove compete con i microrganismi patogeni per la nicchia ecologica, implementando indirettamente la funzione immunitaria.

A prescindere dall’utilizzo proposto, i batteri probiotici esercitano una serie di effetti biologici secondo meccanismi comuni:

 

  • Prevenzione della colonizzazione dell’ospite da parte di microrgani­smi patogeni mediante competizione per le nicchie ecologiche.
  • Alterazione del pH della nicchia ecologica dell’ospite per rendere l’am­biente ostile ai patogeni.
  • Produzione di molecole antimicrobiche nell’ospite per rendere l’am­biente ostile ai patogeni.
  • Attivazione della risposta immunitaria e/o infiammatoria.

 

L’utilizzo dei probiotici trova la sua massima efficacia nel riequilibrio delle funzioni fisiologiche e nella riduzione del rischio di contrarre ma­lattie o sviluppare patologie, considerando sempre che la funzionalità dei microrganismi termina molto rapidamente una volta sospesa la sommini­strazione; per un utilizzo razionale, salvo situazioni particolari, il probio­tico dovrà essere somministrato per periodi di tempo necessari a ristabili­re un fisiologico equilibrio e una corretta funzionalità.

 

Prebiotici

 

Possono essere definite prebiotiche una serie di molecole in grado di in­fluenzare positivamente la flora batterica, generalmente in qualità di sub­strati metabolici per i microrganismi. Tra le principali molecole ad azione prebiotica è possibile annoverare:

  • Inulina.
  • Galattoligosaccaridi (GOS).
  • Fruttoligosaccaridi (FOS).
  • Lattosaccarosio.
  • Pirodestrine.
  • Soia-oligosaccaridi.
  • Trans-galatto-oligosaccaridi.
  • Xilo-oligosaccaridi.
  • Isomaltoligosaccaridi (IMO).
  • Lattulosio.
  • Polidestrosio.
  • Lactitolo.

 

 

 

Questi componenti non digeribili hanno la funzione di stimolare più o meno selettivamente la crescita e/o l’attività dei microrganismi. Un uti­lizzo razionale dei substrati metabolici consente di esercitare quest’azione in una certa misura selettivamente, in relazione all’effetto ricercato; per esempio, volendo suddividere i succitati prebiotici in base al loro preva­lente effetto sui lactobacilli e sui bifidobatteri, otterremmo:

  • Fibre prevalentemente bifidogeniche

- Inulina.

- Galattoligosaccaridi (GOS).

- Fruttoligosaccaridi (FOS).

- Lattosaccarosio.

- Pirodestrine.

- Soia-oligosaccaridi.

- Trans-galatto-oligosaccaridi.

- Xilo-oligosaccaridi.

  • Fibre prevalentemente lattogeniche

- Isomaltoligosaccaridi (IMO).

- Lattulosio.

- Polidestrosio.

- Lactitolo.

Anche se non è possibile stabilire dei criteri in senso stretto, caratteri­stiche generali di un prebiotico sono:

  • Capacità di raggiungere le nicchie ecologiche dei microrganismi di in­teresse.
  • Capacità di essere fermentato selettivamente, o almeno prevalente­mente, dai batteri di interesse, non dai patogeni.
  • Capacità di produrre effetti positivi sull’ospite, favorendo un’attività metabolica vantaggiosa.

 

Simbionti

 

Considerato quanto appena esposto, è evidente come un opportuno pool di probiotici e prebiotici possa rappresentare un’ottima soluzione per il

riequilibrio delle normali funzioni fisiologiche. L’azione sinergica di pro­biotici e prebiotici viene definita simbiontica. Ovviamente, affinché l’a­zione simbiontica possa essere ottimale, la componente prebiotica dovrà essere studiata in base alle specifiche caratteristiche metaboliche dei pro­biotici utilizzati. Per quanto concerne l’utilizzo dei simbionti vale quanto precedente­mente detto in merito all’utilizzo dei probiotici e dei prebiotici.

INTEGRATORI ALIMENTARI PLASTICI

 

Proteine da siero del latte

 

Il siero del latte è un sottoprodotto del processo di caseificazione che con­tiene il 20% circa del totale delle proteine presenti nel latte vaccino insie­me a lipidi, lattosio e altre molecole. Tale quota è composta da diverse molecole di natura proteica, quali:

  • Lattoglobuline (sia appartenenti alla frazione β che alla frazione α); rappresentano il 70-80% del totale.
  • Immunoglobuline (IgG, IgA, IgM).
  • Glicomacropeptidi.
  • Albumina sierica vaccina.
  • Lattoferrina.
  • Lattoperossidasi.
  • Lisozima.
  • Peptidi bioattivi (solitamente piccole catene di pochi aminoacidi).

In seguito a successivi processi di lavorazione, dal siero del latte pos­sono essere ottenuti due diversi semilavorati dalle diverse proprietà ca­ratteristiche:

  • WPC: Concentrati proteici.
  • WPI: Isolati proteici.

 

I concentrati solitamente si mostrano maggiormente ricchi della frazio­ne immunoglobulinica. Gli isolati, invece, mostrano livelli estremamente

ridotti di lipidi e lattosio e possono assumere caratteristiche diverse in base alla tecnologia utilizzata nella loro realizzazione:

  • Isolati per scambio ionico: Contengono notevoli livelli di proteine e alcuni peptidi bioattivi, ma mostrano scarso tenore di glicomacropep­tidi, lattoferrina e lattoperossidasi.
  • Isolati per microfiltrazione/ultrafiltrazione: Mostrano un tenore su­periore di glicomacropeptidi, lattoferrina e lattoperossidasi, ma al con­tempo mostrano livelli inferiori di albumina sierica vaccina.
  • Isolati per microfiltrazione a flusso incrociato: Mostrano un altissimo tenore di proteine non denaturate (oltre il 90%), fattore che permette di massimizzare la conservazione degli effetti biologici delle molecole isolate, il tutto praticamente in assenza di frazioni lipidiche o lattosio.

In virtù di queste caratteristiche, le proteine del siero del latte mostrano uno dei massimi valori biologici possibili, essendo estremamente ricche di aminoacidi essenziali e soprattutto contenendoli in proporzioni tali da ottimizzare e favorire i processi sintetici.

Per loro natura si mostrano una fonte che, a cagione delle veloci dinamiche digestive, è in grado di con­sentire una rapida assimilazione aminoacidica. Questo fattore, correlato all’alta presenza di aminoacidi insulinogenici, quali arginina, fenilalanina, isoleucina, leucina, lisina, valina e glicina, conferisce alle proteine del siero un alto indice insulinico, elemento estremamente interessante nel favorire le dinamiche anaboliche. Molto probabilmente questo insieme di fattori contribuisce in maniera piuttosto importante alla capacità delle proteine del latte di fornire uno stimolo anabolico. Proprietà interessanti ascrivibili all’albumina sierica vaccina, alla frazione β della lattoglobulina e alla fra­zione G delle immunoglobuline è l’alta presenza di glutamilcisteina, mole­cola che ricopre un ruolo molto importante come precursore del glutatione.

 

Le possibili applicazioni per le proteine del siero del latte sono quin­di molteplici, potendo spaziare dalla “semplice” integrazione della quota proteica giornaliera a ruoli un po’ più specifici, come quelli immunomo­dulante e antiossidante; inoltre, sembra che in alcuni modelli sperimentali la sostituzione di proteine derivate dalle comuni fonti alimentari con pro­teine del siero del latte abbia avuto effetti potenzialmente positivi.

Per quanto riguarda l’immunomodulazione si ritiene che i principali effetti siano da ascrivere alla capacità di diverse componenti, quali:

  • Lattoferrina: Proteina che manifesta la capacità di sequestrare il ferro, molecola essenziale al metabolismo e alla crescita microbica.
  • Lattoperossidasi: Molecola in grado di inattivare ed eliminare micror­ganismi mediante la produzione enzimatica di perossidi di ossigeno.
  • Immunoglobuline: Molecole potenzialmente in grado di esercitare un ruolo positivo nei processi di immunità passiva.

 

Alcuni autori ritengono che questo processo di immunomodulazione possa essere alla base degli effetti positivi riscontrati nella somministra­zione di proteine del siero in soggetti oncologici. Ad esempio, nel modello animale (topo) di neoplasia al colon la sostituzione delle fonti proteiche comunemente consumate con proteine del siero del latte sembra avere allungato considerevolmente la vita degli animali contestualmente a una riduzione delle masse neoplastiche. In un modello umano di 5 soggetti oncologici con neoplasia e metastasi, invece, la somministrazione gior­naliera di 30 g di proteine del siero del latte per 6 mesi sembra avere fa­vorito la regressione della neoformazione e normalizzato l’emoglobine­mia e l’attività linfocitaria periferica. Ovviamente questi effetti sono inte­ressanti, ma è necessario un maggiore numero di studi su un campione più numeroso di soggetti per trarre delle conclusioni definitive. Inoltre, l’assunzione di un equilibrato pool di aminoacidi essenziali contribuisce alla piena efficienza dei meccanismi di sintesi proteica e quindi anche alla piena funzionalità dei sistemi da essa dipendenti, come per esempio la funzione immunitaria.

Per quanto riguarda l’effetto antiossidante, può essere ascritto preva­lentemente alla presenza di molecole precursori del glutatione, come:

  • L-cisteina.
  • L-glutammato.
  • Glutamilcisteina.

Dal punto di vista farmacocinetico, non esistono sostanziali differen­ze tra i comuni processi implicati nella digestione e nell’assorbimento delle molecole di natura proteica già trattati nel capitolo relativo. L’as­sunzione di proteine del siero potrebbe mostrarsi controindicata sola­mente in soggetti che mostrano spiccata ipersensibilità verso il latte e i suoi derivati.

 

Per quanto riguarda i dosaggi, vanno valutati contestualmente all’as­sunzione proteica globale del soggetto, prevedendo un approccio siner­gico tra proteine introdotte mediante l’alimentazione e mediante l’inte­grazione.

Manuale pratico di integrazione alimentare