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Lo stretching: novità o eredità?
STRETCHING è un termine inglese che tradotto letteralmente...
STRETCHING è un termine inglese che tradotto letteralmente significa stiramento, in italiano è più appropriato definirlo allungamento, è utilizzato allo scopo di aumentare la capacità dei tessuti molli (muscoli, tendini e legamenti) di estendersi al fine di migliorare la mobilità di un’articolazione.
Nasce ufficialmente negli Stati Uniti negli anni 60 e dopo un decennio fa il suo ingresso in Italia, Bob Anderson ha il merito di aver perfezionato questo metodo, studiato precedentemente da altri ricercatori statunitensi, e di averlo diffuso nel mondo.
Quello che forse è meno noto è che lo stretching non è una creatura del mondo moderno: a Bangkok sono state trovate statue risalenti a 2000 anni fa raffiguranti figure che si esercitano nell’allungamento muscolare.
Le asana dello yoga indiano ricordano incredibilmente i moderni esercizi di stretching, per fare un esempio.
In Cina in alcune tombe datate 1000 a. C. si sono scoperti rotoli di bambù che descrivono minuziosamente esercitazioni di allungamento muscolare.
Il mondo greco e quello romano, sensibili allo sport e alla preparazione fisica non trascurarono l’importanza della distensione muscolare. Quindi l’uomo moderno non ha inventato nulla, ma solo codificato e spiegato in modo scientifico ciò che ha potuto ereditare dal passato.
Molto spesso attorno allo stretching aleggia confusione, lo si interpreta come sinonimo di mobilità articolare, ovvero la capacità di un’articolazione di compiere movimenti.
La mobilità articolare è influenzata da 2 fattori:
- La forma dei capi ossei;
- L'elasticità dei tessuti molli.
Mentre il primo non è modificabile attraverso l’esercizio fisico, in quanto le caratteristiche sono determinate geneticamente, il secondo è migliorabile attraverso l’allenamento e lo stretching diventa un valido strumento per aumentare l’estensibilità dei tessuti molli.