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ESERCIZIO FISICO, SONNO, SESSO E STRESS: COSA SIGNIFICANO PER IL CERVELLO
Praticare esercizio fisico, dormire bene, migliorare l’attività sessuale e ridurre lo stress sono tutti modi efficaci di nutrire il cervello, sebbene non c’entrino con l’alimentazione.
Analizziamo insieme questi fattori, tratti dal libro Alimentazione e cervello di Delia McCabe.
L’esercizio fisico
C’è una grande mole di ricerca che indica come l’esercizio fisico faccia bene alla salute, e in particolare molti studi si concentrano sulla salute del cuore. Ma sappiamo anche che ciò che fa bene al cuore fa bene al cervello. Perché? La prima arteria, la carotide, che proviene dal cuore portando sangue ossigenato, va al cervello. Ciò significa che quando ti alleni il tuo cervello riceve immediatamente il primo getto di ossigeno fresco e di nutrienti per sostenere le sue funzioni. L’esercizio fisico fa anche aumentare la crescita di specifiche cellule neurali, chiamate astrociti, che supportano i neuroni nelle loro attività altamente specializzate. Grazie a questo aumento del flusso sanguigno, si riduce l’infiammazione del cervello. Inoltre, in seguito all’attività fisica, si verifica un aumento di specifici neurotrasmettitori, che portano un senso di calma, concentrazione e ridotta impulsività. Una regolare attività fisica riduce anche il rischio di contrarre il diabete di tipo 2, un fattore di rischio per lo sviluppo di ansia, depressione e Alzheimer.
La cosa interessante è che l’esercizio che aumenta la tua frequenza cardiaca aumenta anche la tua capacità di attenzione, che a sua volta aumenta le tue possibilità di ricordare ciò che stai imparando. L’abilità di apprendimento migliora subito dopo l’attività fisica, rendendoti in grado di trattenere quello che impari, in modo da poterlo richiamare in seguito. Alcune scuole innovative sfruttano questo fenomeno per far sì che i cervelli dei loro studenti siano ricettivi a ciò che studiano subito dopo un esercizio aerobico.
Altri benefici dell’esercizio fisico includono la possibilità di recuperare alcune delle funzioni cognitive che erano state perse a causa del normale invecchiamento, nonché di potenziare alcune funzioni esistenti, soprattutto nell’ippocampo (uno dei principali centri di memoria nel cervello) e nella corteccia frontale (il centro decisionale che sovrintende alle nostre scelte, al pensiero razionale e ai processi di riflessione a lungo termine). L’allenamento aiuta anche il cervello a produrre energia in modo più efficiente, il che gli consente di svolgere meglio il suo lavoro.
Il sonno
Dormire è una parte così scontata delle nostre vite che non ci fermiamo mai a pensare quanto sia strano il processo del sonno. Ogni notte ci corichiamo e perdiamo la percezione di ciò che succede attorno a noi per diverse ore. Quando ci svegliamo, se siamo stati abbastanza fortunati da dormire per tutta la notte, ci alziamo e riprendiamo la nostra vita, solo per tornare a letto quando si fa ora di coricarsi nuovamente e perdere conoscenza.
Sembra che il cervello umano abbia un meccanismo incorporato che ci spinge ad essere attivi e svegli durante il giorno e assonnati di notte. I ricercatori sostengono che questo sia il motivo per cui chi fa i turni, e spesso lavora di notte, ha difficoltà a stabilire e mantenere ritmi affidabili di sonno e veglia. Inoltre, queste persone hanno nettamente più problemi di salute, compresi l’aumento di peso e l’obesità. Ma limitarci a dire che siamo predisposti a stare svegli dopo l’alba e ad addormentarci dopo il tramonto, sarebbe semplicistico: il sonno è molto più complesso.
Di quanto sonno ha bisogno il cervello?
Oggi tendiamo a dormire molto meno rispetto a 50 anni fa. L’invenzione della lampadina da parte di Edison negli anni Ottanta del diciannovesimo secolo ha modificato l’associazione “luce diurna-veglia, notte-sonno” che ha regolato da sempre la vita degli esseri umani. Oggi viviamo in un mondo attivo ventiquattr’ore su ventiquattro, sette giorni su sette, dove andando a letto presto si teme di perdersi qualcosa di interessante, remunerativo, o divertente. E poi ci sono i lavoratori turnisti, i viaggiatori internazionali, gli studenti e i lavoro-dipendenti: insomma, ci ritroviamo un mondo che mette continuamente alla prova i confini del benessere fisico e mentale. Abbiamo cambiato un istinto primitivo che ha le sue basi nella nostra evoluzione per adattarlo a un fenomeno tecnologico della modernità, e questo si è tradotto in un cambiamento del nostro stato di salute.
Il nostro corpo si è evoluto per trascorrere un terzo della sua vita nel sonno: la riduzione di questa fase provoca problemi di salute. Ci sono alcune persone – molto poche – che sembrano necessitare di meno sonno, ma i ricercatori sono convinti che questa sia un’eccezione e certamente non la regola. Ogni ciclo di sonno ha una funzione specifica e influenza il nostro pensiero, il sistema immunitario, la memoria, la crescita e la velocità d’invecchiamento. Quando proviamo a comprimere qualcosa di così importante come il sonno per farlo rientrare nei tempi che più ci aggradano, invece che nei tempi richiesti dal nostro corpo e dal nostro cervello, ne pagheremo il prezzo sotto forma di rallentamento del pensiero, cattivo umore e aumento di peso.
Perché dormiamo?
Molti ricercatori hanno a lungo cercato di scoprire perché il nostro desiderio di dormire sia così forte e perché ci ammaliamo, e addirittura moriamo, quando sperimentiamo una grave privazione del sonno. Osservare che cosa fa il cervello durante il sonno ha fornito loro alcuni indizi in questa ricerca. La necessità di lasciare riposare il cervello, consentirgli di rifornire le riserve di energia, abbassarne la temperatura e permettergli di disintossicarsi è uno dei motivi per cui l’atto del dormire è imperativo. Tuttavia, i ricercatori hanno anche scoperto che, se saltiamo una notte di sonno, la notte successiva passeremo molto più tempo in fase REM, cosa che indica che anche sognare è essenziale.
Alcuni studi hanno dimostrato che le persone private del sonno REM sono molto più in sofferenza e in difficoltà nello svolgimento delle proprie funzioni rispetto a quelle che sono state private delle fasi di sonno leggero o di sonno profondo. Quindi, una delle ragioni più importanti per cui dormiamo è la necessità di sognare. Perché? Le aree del cervello che vengono usate durante i sogni non sono usate molto spesso quando siamo svegli. È possibile che per mantenere operative queste aree sia necessario utilizzarle durante i sogni. Inoltre, potremmo aver bisogno di sognare per risolvere problemi che non sono facilmente risolvibili utilizzando i nostri lobi frontali, logici e metodici, ma che per essere affrontati necessitano di un percorso di riflessione creativo, illogico.
Altre teorie sui motivi del sonno postulano che esso rinforzi cambiamenti nel cervello prodotti dalle nostre esperienze o dal nostro apprendimento. Il sonno aiuta a convertire in ricordi ciò che abbiamo appreso o vissuto durante il giorno. La ricerca ha scoperto che se siamo stati esposti a molte nuove informazioni o esperienze durante il giorno, passiamo più tempo nella fase REM. E quando passiamo più tempo nella fase REM, siamo più efficienti nel consolidare le informazioni emotive della giornata. Una fase prolungata di sonno profondo aiuta a ricordare e a riprodurre una nuova funzione motoria che è stata appresa, mentre una combinazione di molte fasi di sonno profondo e REM consente di ricordare informazioni di tipo percettivo.
Un fatto interessante, a tale proposito, è che, se osserviamo specifici neuroni coinvolti nell’apprendimento di una nuova funzione durante il giorno, scopriamo che quegli stessi neuroni saranno attivi durante la notte, nella fase di sonno profondo. Sembra dunque che, quando dormiamo, il nostro cervello faccia pratica con i nuovi percorsi di memoria, in modo da passarli alla memoria a lungo termine. Questa ipotesi è confermata dalla presenza di specifici circuiti molecolari sensibili alla carenza di sonno. Il sonno promuoverebbe, quindi, la plasticità del cervello e faciliterebbe la sua capacità di memorizzazione. Alcuni ricercatori contestano questa teoria, e il dibattito continua. In ogni caso, che il sonno aiuti la memoria oppure no, le sue funzioni rimangono fondamentali per la salute cognitiva di ogni essere umano.
Un’altra semplice spiegazione alla necessità di dormire è che durante il sonno la pressione sanguigna si abbassa. Abbassare la pressione fa bene al cuore e, come sappiamo, ciò che fa bene al cuore fa bene anche al cervello. Quando una persona fa gli straordinari al lavoro o soffre di insonnia, il suo cuore deve lavorare più duramente, poiché la pressione sanguigna non si abbassa. Questo aumenta la probabilità di contrarre problemi cardiaci, che aumentano il rischio di subire un declino cognitivo, a causa di una mancanza di flusso sanguigno e, in ultima analisi, di ossigeno al cervello.
Esistono, però, anche altri motivi per i quali dormiamo. Ad esempio, per disintossicare il cervello. A differenza delle cellule del resto del corpo, che hanno spazio attorno a loro per espellere tossine e liberarsi degli scarti che si accumulano come risultato della loro attività, le cellule cerebrali non si possono permettere questo lusso. Come fanno, dunque, le nostre sofisticate e specializzate cellule cerebrali a liberarsi delle tossine accumulate e dei prodotti di scarto della produzione di energia? Attraverso un sistema meravigliosamente organizzato e altamente efficiente, basato sul sonno.
Proprio come il resto del corpo ha un sistema linfatico, il cervello ha un sistema chiamato glinfatico, che controlla il flusso del fluido cefalorachidiano (CSF), un liquido specializzato che circonda il midollo spinale e il cervello.
In uno studio condotto dalla dottoressa Xie (2013), uno specifico colorante è stato iniettato nel sistema nervoso centrale di un gruppo di topi per vedere che cosa succede nel cervello quando il colorante si combina con il loro fluido cefalorachidiano. Allo stesso tempo, i ricercatori monitoravano la loro attività elettrica cerebrale. Quando i topi dormivano, il colorante scorreva liberamente, ma quando erano svegli rimaneva quasi immobile. Questo suggeriva che lo spazio tra le cellule cerebrali cambiasse a seconda che i topi fossero addormentati o meno. È stato così scoperto che lo spazio tra le loro cellule cerebrali aumentava fino al 60 percento quando erano addormentati. Questo consentiva al liquido cerebrale di scorrere facilmente attorno ai neuroni e tra un neurone e l’altro. Incredibilmente, è stato anche scoperto che gli accumuli di molecole tossiche associate alla malattia di Alzheimer (chiamate beta-amiloidi) venivano rimosse in modo più efficiente quando i topi dormivano.
Sebbene questa ricerca si sia concentrata solamente sui cervelli dei roditori, sappiamo che anche il cervello umano risponde in maniera simile alla mancanza di sonno. Quindi, l’obiettivo del nostro sistema glinfatico, all’arrivo del sonno, è di far fluire di liquido cefalorachidiano attraverso il cervello, in modo da spazzare via le tossine e le sostanze di scarto; così facendo, ci libera dalle scorie accumulate attorno ai neuroni.
Questa ricerca risolve molte questioni riguardo al sonno ed evidenzia la sua importanza cruciale nel mantenere il nostro cervello nel miglior stato di salute.
Il sesso
Il sesso è un fantastico anti-stress naturale. Vivere una relazione appagante, felice e soddisfacente è ottimo per il benessere del cervello, poiché per gli esseri umani la compagnia di un partner è fonte di piacere e relax, sensazioni che inducono a rilasciare neurotrasmettitori e ormoni che mantengono giovane il cervello.
Una relazione sentimentale fatta di amore e intimità comprende il sesso, che a sua volta innesca il rilascio di numerosi ormoni e neurotrasmettitori, come ad esempio la dopamina, che lascia a entrambi i partner una sensazione di connessione, soddisfazione e relax.
Inoltre, l’aumento di flusso sanguigno verso il corpo e gli organi sessuali mantiene in salute gli stessi, e i loro tessuti, mentre anche il cervello riceve un picco di ossigeno e di nutrienti, portati dall’aumentato flusso sanguigno. Il sesso rafforza anche il rapporto di coppia, che ha un effetto anti-stress sul cervello, semplicemente perché gli esseri umani sono più felici quando si trovano in una relazione con un’altra persona che dedica loro attenzione. Al contrario, trovarsi in una relazione infelice crea stress e non conduce al tipo di sesso che innesca sensazioni di felicità e rilassamento (sempre che si abbiano rapporti sessuali in questo tipo di relazione). Il Dott. John Medina, un biologo molecolare dello sviluppo, che ha scritto ampiamente sul funzionamento del cervello, afferma che in una relazione infelice andare a dormire la sera con il proprio partner è paragonabile a trovarsi nel letto una tigre dai denti a sciabola, perché viene rilasciata adrenalina, che stimola un tipo di attivazione mentale molto negativo.
Le relazioni infelici sono anche causa di invecchiamento precoce. Quando siamo insoddisfatti e fortemente stressati, rilasciamo l’ormone cortisolo, il quale impedisce alle cellule cerebrali di usare e produrre efficacemente l’energia. Ne consegue un invecchiamento più rapido sia all’esterno che all’interno: un eccesso di cortisolo causa, infatti, ingrossamento delle arterie, infiammazione e abbassamento delle difese immunitarie. Subire gli effetti di queste condizioni in modo continuativo è molto dannoso per il cervello, che desidera provare sentimenti di legame e sicurezza invece di ansia e stress.
Lo stress
Nonostante lo stress sia un fattore costante del mondo in cui viviamo, i nostri cervelli sono equipaggiati solo per gestire uno stress della durata massima di 30-60 secondi, dopodiché la nostra evoluzione ci dice che o scappiamo via molto in fretta dalla minaccia o diventiamo il suo prossimo pasto. Dopo questa esperienza, che solitamente non dura molto a lungo, il cervello ritorna allo stato normale, se siamo sopravvissuti.
La risposta allo stress è un metodo antico e ben organizzato per reagire a qualsiasi pericolo reale e fisico. È un prodotto di milioni di anni di evoluzione, che ci consente di allontanarci da cose che ci spaventano, o ci possono fare male. La parola “emozione” deriva dal latino motere, che significa “muovere”. Il corpo vede lo stress come una situazione di emergenza e prende misure drastiche per affrontare questa emergenza percepita. Si tratta di fuggire oppure combattere per eliminare la minaccia.