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Esercizi per gli Addominali
Gli errori più comuni
Quando parliamo di alllenamento degli addominali, spesso troviamo diverse indicazioni molto differenti tra loro, poiché ognuno tende ad avere un proprio metodo e dei propri consigli. Tuttavia, vi sono degli errori di esecuzione su cui tutti possono grossomodo essere d'accordo, e in questo articolo, tratto dal libro fitness "Addominali per tutti", vedremo insieme:
- Teoria dell'allenamento e principio centrifugo;
- Errori in palestra e importanza dei particolari.
Teoria dell'allenamento e principio centrifugo
Nella teoria dell’allenamento, l’importanza della fascia addominale è confermata dalla sua collocazione al primo posto nella sequenza delle aree muscolari da allenare (almeno nei principianti). Il così detto principio centrifugo ci dice di iniziare l’allenamento a partire dalla parte centrale del corpo: la fascia addominale.
Motivazioni: si tratta del fulcro su cui si scaricano le forze provenienti dalla parte superiore (busto e arti superiori) e le sollecitazioni provenienti dagli arti inferiori (l’impatto col terreno, per esempio, durante una semplice camminata). La sedentarietà indebolisce questa fascia: l’uomo è un bipede, cioè ha la capacità di scaricare a terra, tramite catene osteo-articolari le sollecitazioni applicate sull’apparato locomotore. Dati statistici evidenziano che stiamo in posizione eretta per un massimo di due ore al giorno.
Non a caso la fascia addominale è la zona più soggetta a usura e patologie di origine infiammatoria (lombalgie, lombo-sciatalgìe). Sempre non a caso il mal di schiena degli anni “-anta” sta diventando un’eredità diffusa anche nelle generazioni più giovani.
Errori in palestra
Spesso sento dire che la pratica in palestra è un’esperienza individuale, da acquisire nel tempo. Ciò è esatto fino a un certo punto; ne sono riprova gli errori nelle esecuzioni e “l’accanimento” pratico su esercizi che di fisiologico non hanno molto e che, al contrario, a medio termine sono causa di dolorabilità e stati infiammatori, quando non patologici. La disinformazione porta a disinformazione. L’allenamento in palestra si basa sull’applicazione di resistenze – i pesi – su leve corporee, contrastate da potenze – i muscoli. Il primo passo per un corretto allenamento è conoscere l’azione a cui i muscoli sono preposti. Ci sembra opportuno fare un ripasso dei principali errori.
Addominali alti e addominali bassi?
Nonostante se ne continui a parlare in questi termini, spesso anche dagli addetti ai lavori, non esistono addominali alti e addominali bassi! Esiste un unico muscolo, il retto dell’addome, che origina dallo sterno e si inserisce nel pube. La sua azione principale è la flessione del tronco sul bacino e viceversa. In pratica avvicina lo sterno al pube o il pube allo sterno o consente in simultanea entrambi i movimenti. Detto questo, è vero che in esercizi come i crunch si attivano in primis le fibre sovraombelicali, così come in altri – i reverse crunch – si attivano principalmente le fibre sotto-ombelicali. Ma il muscolo lavora comunque in toto.
Importanza dei particolari
Prima di affrontare i vari esercizi per la fascia addominale, qualche precisazione su questioni di secondaria importanza che sembrano assumerne parecchia sulla bocca degli utenti e degli istruttori.
Posizione della schiena
Negli esercizi a terra l’appoggio della schiena deve essere completo per evitare complicazioni di qualsiasi tipo. Una postura errata con la schiena inarcata (A) “scarica” tensioni sulla bassa schiena. Questo atteggiamento a lungo andare porterà a dolorabilità nella zona lombare. Una posizione corretta della schiena (B) oltre a permettere un allenamento più selettivo della fascia addominale, avrà un’azione preventiva e curativa del mal di “schiena”. Infatti, già mantenere la schiena attaccata a terra comporta un’attivazione della fascia addominale (trasversi e obliqui in particolare) per “disattivare” l’ileo psoas.
Posizione delle mani e delle braccia
Quella che è una questione di secondaria importanza diventa a volte un caso nazionale: gomiti stretti, gomiti larghi, gomiti giù, gomiti su. Cerchiamo di semplificare: qual è l’obiettivo? Un corretto assetto della parte superiore della colonna. Nella posizione con mani sul collo e gomiti larghi (C) il collo tende gravitariamente ad andare in iperlordosi, accentuando le tensioni a livello cervicale, con tutte le conseguenze del caso (la prima sono dolori e tensioni su trapezio e collo). D’altronde, anche i movimenti a strappo esercitati con le mani sulla nuca, cercando di salire costi quel che costi, non è che siano da meno quanto a rischi e pericoli (D): anche qui collo e trapezio non si beano troppo. Soluzioni? La più semplice: Mani chiuse a pugno e portate alla base del collo (E) all’altezza dell’orecchio. In questo modo evitiamo al collo posizioni di iperlordosi, manteniamo una posizione di leggero allungamento (che non fa mai male) sul rachide cervicale e inoltre ci assicuriamo – grazie alla chiusura delle mani a pugno – che non vi siano trazioni eccessive della testa in avanti.
Posizione dei piedi
Si arriva a discutere anche di questo. Bene. Facciamolo e togliamoci il pensiero. I piedi possono essere in appoggio a terra oppure sollevati. In realtà questa distinzione in sé è quasi priva di significato. Facciamo un passo indietro. L’obiettivo è come sempre adottare una posizione sicura, stabile, che tenda a evitare lo scarico di tensioni sulla bassa schiena. Per questo motivo bisogna guardare l’assetto del corpo e partire da lì:
La posizione più stabile è con la schiena e i piedi in appoggio a terra (F). Se non si riesce a mantenere l’appoggio completo del dorso al suolo (G) si cercherà di arrivare a questo obiettivo facendo assumere un posizione a gambe raccolte ed elevate (H).
Bene. Ci siamo tolti gli ultimi dubbi? Si parte col programma! Buon allenamento a tutti!